03 Maggio 2024

athoscarrara

il libro Francesco Ferrucci / L'Eroe di Gavinana è stato presentato e può essere acquistato in libreria e on-line
finalmente il libro tante volte promesso è uscito, presentato e disponibile per l'acquisto in libreria e on-line
copertina del libro
GUIDA AL SITO: Apertura (Hompage): informazioni e novità del momento in apertura l’avviso di prossima presentazione della pubblicazione del libro “Francesco Ferrucci (1950)” (inedito) e “L’ Eroe di Gavinana (1955)” uscito su “Il Vittorioso” ma riveduto e corretto (***); la vicenda dell’omicidio di Don Bardotti e “L’ora Santa” da un capitolo di “Gemma Galgani”, la vita (incompleta) dello scrittore, la foto della famiglia, alcune copertine di libri stampati (in seguito si riporteranno al completo) e articolo su un “Aborto non riuscito” ovvero l’avventura della nascita di Leonardo da Vinci. Athos Carrara: la vita, incompleta, dello scrittore. Le Opere > I Libri dove sono, e saranno, riportati alcuni libri sia in sintesi che per esteso. In “sottocategorie” le scritture originali >“Ragazzi”: “Simone” primo libro stampato nel 1940 (si riporta l’intera narrazione uscita su “Il Vittorioso”) e “I Lupi della Montagna” (uscita su “L’ Aspirante”); >“Spiritualità” “Gemma Galgani”: primo libro uscito nel 1940 con prefazione di Piero Bargellini sulla santa lucchese e “Miracolo per i nostri tempi” (libro uscito postumo e di cui sono disponibili ancora alcune copie); in “Minibiografie” la vita di Don Dino Carrara fratello dello scrittore; è prevista a breve la “mini-biografia” del Beato Giorgio La Pira di cui ricorrono i 120 anni dalla nascita. (***) Su “I Libri” e andando sulla copertina del libro in uscita “Francesco Ferrucci / L’Eroe di Gavinana” si è indirizzati alla pubblicazione con la presenza del primo capitolo dei due titoli, e scendendo su: “DOCUMENTI ALLEGATI” SI TROVA “l’EROE DI GAVINANA” COME PUBBLICATO SU “IL VITTORIOSO” Dell’opera è possibile ottenere la traduzione inglese (già qui presente nel primo capitolo dei due titoli
Domenica 14 al Palazzo Pretorio presentazione del libro: Francesco Ferrucci *** L'Eroe di Gavinana: è preferibile prenotare la partecipazione
IN EVIDENZA
Mi è capitato di incontrare l’articolo pubblicato su “La Domenica” del 18 febbraio 1951 a distanza di pochi giorni dall’omicidio di Don Ugo Bardotti: una tragedia che colpì (e divise in fazioni politche e religiose) tutto il paese di Cevoli (Lari/Pisa). La persecuzione dei cristiani continua anche oggi con maggior ferocia e, non di rado, comporta prigione e morte. (Da “Il Tirreno” 4-5 febbraio 1951) Delitto in canonica con tre assassini e nessun mandante CEVOLI. Tre spari in canonica, un prete che muore. La caccia al comunista che porta all'arresto di due militanti, che resteranno in carcere per un anno. La scoperta - molti anni pù tardi - dei veri colpevoli, ma anche i dubbi che restano su chi e perché li ha spinti a compiere un gesto folle. Ingredienti che rendono ancora oggi l'omicidio di don Ugo Bardotti un giallo intrigante. A distanza di sessant'anni la ferita è ancora aperta. A Cevoli, il paese sulle tranquille colline larigiane, teatro dell'omicidio. E a Certaldo, paese natale di don Ugo. Ma non solo, visto che ancora oggi per molti don Bardotti è un martire della violenza comunista. Ugo fece il ciabattino fino a 28 anni. Dopo il seminario iniziò la sua attività sacerdotale nella chiesa di Santa Caterina a San Miniato. Fino al 1949 quando il vescovo gli affidò la parrocchia di Cevoli. Il nuovo parroco si trasferisce coi genitori e la vecchia zia Maria. In poco tempo si guadagna le simpatie di molti (fonda anche un gruppo di giovani esploratori), ma anche le antipatie di altri, che lo accusano di aver messo gli occhi sui locali dove aveva sede la Casa del popolo (che pagava l'affitto), con l'intenzione di comprarli e trasformarli in un asilo. 4 febbraio 1951. Domenica di Carnevale. Intorno alle 22.15 suona il campanello. La vecchia Maria Bardotti si alza da letto e senza aprire, domanda chi è che suona. Da fuori una voce fa un nome conosciutissimo: "Becucci". La donna va allora nella camera del nipote a informarlo e mentre lui si alza, corre ad aprire. Tre uomini mascherati con bende nere sul viso, attendono don Ugo e appena compare loro davanti sparano tre colpi di arma da fuoco, freddando il parroco. Si apre la stagione dei rancori. Quegli spari hanno creato un solco invalicabile, segnato da una cortina di odio: da una parte ci sono i comunisti, subito additati come i colpevoli del tremendo misfatto. Dall'altra parte della barricata ci sono tutti gli altri: i cattolici in generale, i fascisti in particolare. Non possono sapere le generalità degli assassini, ma ne conoscono il colore: rosso. La triste notizia porta Cevoli alla ribalta nazionale. Nel 1951 il potere dei media era concentrato nelle mani dei giornali che, un po' come avviene oggi, fecero conoscere la frazione larigiana a tutta Italia fino a far identificare Cevoli con "il posto dove i comunisti hanno ammazzato il prete". Cevoli vivrà mesi da incubo, fatti di fermi, interrogatori, perquisizioni, accuse e difese. Famiglie intere verranno coinvolte nelle indagini; e mentre gli inquirenti si mettono alla ricerca disperata degli assassini, il paese si divide in due fazioni: con quei tre spari se n'è andata la tranquillità dell'intera comunità, dove ora conta soltanto l'appartenenza politica, capace di travolgere e spazzare via amicizie e buoni rapporti, lasciando il posto a insulti, provocazioni, disprezzo, supposizioni, cattiverie, sospetti. Tutti contro tutti, senza distinzioni di sesso o di età: gli anziani come gli adolescenti sono o cattolici, o comunisti o fascisti. A farne le spese in particolare saranno Alvaro Montagnani, segretario della Camera del lavoro di Lari e Dino Donati, segretario della sezione del Pci di Cevoli, che vengono arrestati. Resteranno in carcere un anno. Poi arriverà la sentenza del presidente della sezione istruttoria della Corte di appello di Firenze, che li proscioglierà per insufficienza di prove. La svolta arriverà sei anni dopo, per caso. Sono i primi giorni del dicembre del 1958. Due coniugi litigano in casa. La moglie rivolge una frase inequivocabile al marito: "Mi vuoi far fare la fine del prete di Cevoli?". I vicini sentono e lo segnalano ai carabinieri. Scattano le indagini e tre giovani di Ponsacco confessano di aver ucciso don Ugo Bardotti: Piero Gasperini di 29 anni, Mario Chiarugi di 28 anni e Loris Tangheroni di 27 anni. Il movente confessato è la rapina. Sembra finita. E invece no. Poco dopo i tre ponsacchino ritratteranno, rilanciando la tesi dell'esecuzione politica, tanto cara agli anti-comunisti: «Siamo andati lì per intimargli di disinteressarsi di politica e di limitarsi alla cura delle anime. Nei precedenti interrogatori avevamo dichiarato di esserci recati lì per compiere una rapina allo scopo di non infangare il partito». Poi ritratteranno di nuovo, tornando alla prima versione. Risultato: la Corte di Assise di Pisa li condannerà per rapina; la Corte d'Appello di Firenze invece sposa la tesi del movente politico. La Cassazione rigetterà il ricorso. Quindi per la giustizia don Bardotti è stato ucciso dall'odio comunista per i preti. Tre sbandatelli di paese hanno compiuto il crimine. Ma resta un interrogativo pesante come un macigno: chi è il mandante? INIZIATIVA EDITORIALE "Carnevale di sangue" La vicenda dell'omicidio del prete di Cevoli è stata ricostruita da Francesco Turchi, giornalista del Tirreno, nel libro "Carnevale di sangue" (Tagete Edizioni, 10 euro). Un viaggio nei giorni del delitto che portò Cevoli alla ribalta nazionale, attraverso gli articoli dei giornali del tempo, divisi tra il movente politico e quello della rapina. Il calvario di Donati e Montagnani, la confessione degli assassini, la sentenza di primo grado e quella d'appello con l'obiettivo di ricordare la figura del parroco, ma anche quella degli innocenti che pagarono per colpe che non avevano. Ma anche il tentativo di fornire al lettore gli elementi necessari per conoscere una storia dai molti lati ancora oscuri.
L’ “Ora Santa” pratica nei giovedì di Quaresima viene proposta a Santa Gemma nel capitolo “La Visita Notturna” (GEMMA GALGANI a cura della L.E.F. Libreria Editrice Fiorentina, Firenze, 1977): una pratica che lo scrittore ha sicuramente fatta sua.

LA VISITA NOTTURNA

Il tempo passava e Gemma non migliorava. Sarà stato per l’ impiego intelligente della sua sofferenza, che a Gesù non poteva dispiacere: Gemma gliela offriva per la guarigione delle anime. Zia Elisa la sentiva implorare, anche nelle notti:” Salvali tutti, Gesù, i peccatori!”.
Il quattro gennaio i medici tentarono un’ altra prova, non del tutto passata di moda, i bottoni di fuoco: gliene impressero dodici nella regione lombare, senza che Gemma emettesse un lamento. Stettero ad aspettare, ma il risultato fu diverso da quello desiderato: agli altri dolori si aggiunse un forte dolore alla testa.
Con quelle poche possibilità di diagnosi che esistevano, i medici pensarono a un tumore inoperabile. Invece, in seguito alla sopraggiunta sordità all’ orecchio sinistro, videro che si trattava di un’ otite purulenta.
Gemma considerò che ormai l’ atteso congiungimento con Gesù non poteva esser lontano e ci si volle preparare con la confessione generale:” Mi confessai e aspettavo il momento di andare con Gesù”.
Ma quel momento era già diventato lungo più d’un altro mese e il Confessore, vedendola così afflitta perché le pareva che Gesù si fosse dimenticato di lei, le consigliò di fare una Novena all’ allora Beata Margherita Maria Alacoque, chiedendole la guarigione.
Gemma cercò di ubbidire senza tanta voglia e per due sere la fece, poi la debolezza l’aiutò a dimenticarla. La notte, intorno alla mezzanotte, quando era ancora sveglia, una mano la scosse con vigore e una voce le disse:” Fai subito la Novena alla Beata Margherita, ché oggi te la sei dimenticata”.
Gemma s’impaurì, e con la mano destra, che poteva muovere, strinse con forza il Crocifisso che teneva al collo, a chiedergli protezione.
Due sere dopo sentì posarsi una mano sulla fronte e un’ altra prenderle la mano sinistra, quella paralizzata. La stessa voce della volta precedente le offrì di fare insieme una Novena al Cuore Sacratissimo di Gesù, poi, da sé, ne facesse una alla Beata Margherita. Mentre pregavano insieme, i dolori scomparivano, poi tornavano.
La visita notturna, come la chiamò Gemma perché non sapeva chi fosse, rimase fedele tutte le nove sere.

Intanto il giovedì 23 Febbraio Suor Giulia delle Zitine, la sua vecchia maestra, che le voleva una gran bene e andava spesso a trovarla, parlando con lei della Beata Margherita, le consigliò di fare ogni giovedì di Quaresima l’ Ora Santa in unione all’ Agonia di Gesù. Proprio come Gesù aveva chiesto alla Beata Margherita. La proposta piacque così tanto a Gemma che prese l’ impegno con Gesù di farla tutti i giovedì della vita se l’ avesse guarita, e Gesù non lasciò cadere quella proposta tanto preziosa.

La Novena al Cuore di Gesù terminò il giovedì 2 Marzo, e la persona che la diceva con lei disse a Gemma: “Gesù è contento della promessa che gli hai fatto. Anche la Beata Margherita è contenta, perché ha ottenuto dal Cuore di Gesù di poterti guarire, e tu devi fare anche a lei una promessa: lo sai cosa vuole da te? Devi prometterle di farti monaca Salesiana”.
Infatti Santa Margherita Maria Alacoque, la Santa del Sacro Cuore di Gesù, e che tutto fa supporre fosse lei stessa la visitatrice notturna, era Salesiana.
Gemma non aspettava che quello, di nascondersi in convento, e rispose senza esitare:” Sì, sì, è tanto che ho questo desiderio”. “Allora” la rassicurò la voce,”domattina fai la Comunione, poi alzati, ché sarai guarita”.
I medici, qualche giorno prima, avevan detto che non sarebbe arrivata alla mezzanotte.
Allora, Gemma, con l’ orecchio sano, aveva udito e se n’ era rallegrata, ma ora, sicura della guarigione, e nell’ attesa di andare in convento, si addormentò tranquillamente.
La svegliò la mattina presto la zia Elisa per allestire la Comunione. Gliela portò Monsignor Volpi e Gemma volle prima fare una bella Confessione. Ma l’ emozione e lo sforzo erano grandi e appena ricevuto Gesù si addormentò di nuovo. E di nuovo venne la sua visita, le mise la mano sulla fronte e tornò a raccomandarle di rinnovare a Gesù tutte le promesse, aggiungendo che nel mese di Giugno, consacrato al Cuore di Gesù, si sarebbe consacrata tutta a Gesù.
Gemma, piena di contentezza, non aprì bocca, ma col cuore promise tutto. Arrivò la zia Elisa con la colazione e Gemma, svegliandosi al suo richiamo, s’ accorse d’ avere le mani giunte, dopo tutti quei mesi d’ impossibilità di muovere la mano sinistra.
Terminata la colazione e rimasta sola, provò col braccio e con la gamba, e vide che li muoveva bene. Col cuore in tumulto provò a mettersi a sedere sul letto e le riuscì senza sforzo. Alla testa non aveva più dolore, si sentiva guarita.
Si sgomentava a dire alle zie che voleva alzarsi, temeva di spaventarle, e glielo mandò adire per la sorella Giulia,
La zia Elisa arrivò con gli occhi spalancati, meravigliati e increduli, ma vedendola seduta sul letto cominciò a sperare anche lei nella guarigione e l’ aiutò a vestirsi.
Gemma si trovò in piedi. Ne scrisse:” Povero Gesù, la grazia era fatta, ero guarita”. L’espressione “povero Gesù” è tutta toscana, e significa “caro Gesù, buon Gesù”.
Le zie, i fratelli e le sorelle la guardavano trasognati. Gemma avrebbe voluto infilar subito l’ uscio di casa, verso Gesù nel Tabernacolo e verso il convento, ma era troppo debole e dovette rassegnarsi ad attendere otto lunghissimi giorni. Uscì, dopo un anno di immobilità , il venerdì successivo, e andò, con il passo incerto e la testa frastornata, a far la Comunione. Da quel giorno per lei sarà un giorno triste ogni giorno in cui non potrà ricevere Gesù nell’ Eucarestia.
Uscì di chiesa rinvigorita e invece di riprendere la strada di casa, come sarebbe stato consigliabile, prese quella del Convento delle Salesiane.
La suora portinaia, piena di gioia, disse forte;” C’è Gemma!”, e le suore si passarono la voce e le vennero incontro festose. Gemma sentiva di essere approdata al suo luogo di delizie, ma non poteva chiedere di restarci subito, e la sua gioia si smorzò in amarezza.
Le era stato chiesto di consacrarsi a Dio nel mese del Sacro Cuore, e giugno le pareva irraggiungibile. Le suore sentivano la sua tristezza e per consolarla la invitarono a partecipare a un corso di Esercizi Spirituali nel mese di maggio, che era meno lontano.
E Gemma tornò a casa. Ma ci si sentiva spersa, come in un mondo non suo, nel quale non sapesse muoversi. Gesù la riempiva di consolazione, ma nemmeno questo l’ appagava: or-mai viveva con tutta l’ anima in convento, e del resto i suoi non potevano capire quanto questa sua sofferenza e non potevano es-serle d’ aiuto.
Ma non era sola, nemmeno quando Gesù non si faceva sentire; l’ Angelo Custode non l’ aveva abbandonata, e le faceva da guida: la riprendeva ogni volta che non si comportava bene, la invitava a parlar poco e solo quando veniva interrogata. Le ordinava di tenere gli occhi bassi e la rimproverava, quando occorreva, anche in Chiesa:” Mi insegnò più volte come dovevo stare alla presenza di Dio, ad adorarlo nella sua infinita bontà, nella sua infinita maestà, nella sua misericordia, e in tutta la sua Infinita grandezza”.
La guidava come tenendola per mano perché non inciampasse negli ostacoli di questo mondo, com’è promesso da Dio a tutti quelli che lo chiedono.





testo ritrovato nella biblioteca dello scrittore
ATHOS CARRARA
Athos Carrara nasce a Montepulciano (Siena) il 31 marzo 1904 Sarà il primo di cinque figli, il padre è impiegato nelle ferrovie la madre casalinga.
I trasferimenti che il padre accetta, per avanzamento di ruolo sono molteplici: a Cecina nasce il fratello Dino, più giovane di sette anni, che si farà sacerdote e avrà un ruolo speciale con il futuro scrittore, a Sarzana nasce l’ultima figlia, la quinta. In seguito Pilade divenuto Capostazione torna nel senese: a Siena e all’ Arbia, poi Certaldo, Poggibonsi e di nuovo a Certaldo dove Athos trentenne incontra Ida e si fidanza.

Il padre di Ida era emigrato a Genova dove incontra la futura moglie, Elena, e dove nel 1910 nasce l’unica figlia. Dopo Genova si sposta a Nizza ma, in seguito, accetta la proposta della sorella Rita, che fa la levatrice a Pontedera, che lo invita ad acquistare la licenza e la merca di un negozio sul corso di principale della città: è il 1926.

A inizio anni ’30, Athos, è impiegato al Chianti Ruffino a Pontassieve, ma la sua personalità richiede ben altro e decide di spostarsi su Firenze confidando, unicamente, nella Divina Provvidenza. E nella città più bella del mondo, in tutti i sensi, si inventa il ruolo di venditore di libri “porta a porta”: acquista una Fiat Topolino, a rate, la riempie di libri di argomento religioso, sociale e vario e percorre tutta la regione.

E’ “mestiere” che lo gratifica in quanto ha modo di incontrare una clientela in sintonia con il suo pensiero e vita: visita importanti istituzioni religiose e sperdute parrocchie dove viene accolto sempre con grande cordialità.

A Firenze frequenta la redazione della rivista letteraria “Il Frontespizio” motivando la sua presenza col far firmare pubblicazioni vendute alla sua clientela da Bargellini, direttore del periodico, a Papini, da Carlo Bo a Luzi e Betocchi In uno di questi incontri si fa notare con un simpatico escamotage e Bargellini lo prende in simpatia e lo sospinge di provare a scrivere.


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